Forse bisognerebbe chiamarlo “l’Araba Fenice”, l’uccello leggendario che muore e risorge dalle proprie ceneri ad ogni tornata elettorale. O magari anche “il Grande Cocomero Volante” (quello di Linus), nel quale bisogna credere con devozione e questo, prima o poi, appare recando doni e prospettive di alternanza democratica. In ogni caso si chiama Galletto e il titolo biblico viene quasi da sé, una volta considerati i tempi di realizzazione.
Non ci sbagliamo: procedere alla fusione/federazione/riunione – ancora non si può sapere bene – delle forze di opposizione/alternativa valdostane è, per forza di cose, lungo e complesso. Oltre che difficilmente lineare e omogeneo.
«Niente saluti. Perchè non è che non ci siamo più visti»: più o meno questa è stata la formula iniziale di Franco Vallet, Guido Dondeynaz e Flavio Martino, invitati al congresso dei Verdi valdostani, tenutosi sabato 12 dicembre all’Espace Populaire, assieme a tutti i rappresentanti dell’Alleanza Autonomista Progressista e intervenuti dopo la relazione del coordinatore Gianpaolo Fedi, a sottolineare che quella di luglio è stata solo una battuta d’arresto. Passati cinque mesi, fumata bianca, il progetto di movimento unitario federato riparte: questa volta si è andati abbastanza al di là di un banale “volemose bene”. E questo è già un risultato.
Tra le sei forze interessate, sembrerebbero proprio i Verdi quelli che più spingono sull’accelleratore per arrivare ad una fusione, anche se Fedi specifica che «siamo sempre stati disponibili a fare un passo indietro quando ci è stato chiesto tempo». Vallée d’Aoste Vive, Renouveau Valdôtain e associazione Loris Fortuna, una volta sciolti i nodi interni ed esterni, dovrebbero acconsentire, mentre Italia dei Valori (anche se possibilista) e Rifondazione Comunista sembrano più destinate a collocarsi al fianco.
Fedi relaziona sulle alleanze, con un occhio ai Verdi nazionali
Gli interventi dei vari coordinatori e segretari presenti sono stati imbeccati dal discorso iniziale del coordinatore dei Verdi che, partendo dal vertice di Copenaghen, passando dal congresso nazionale dei Verdi, che ha visto una nuova scissione a sinistra, è arrivato alla situazione valdostana, con la promessa mantenuta di “parlare di noi” a discapito della critica al berlusconismo italiano e all’amministrazione unionista della Valle d’Aosta.
«Ricostruire il legame di fiducia tra i cittadini e la politica, che sono stufi di un panorama parcellizzato di sigle, ma che sarebbero pronti a scendere in campo nel caso ci fosse un grande progetto coeso in grado di regalare speranza»: questo è l’esordio di Fedi sul quale è rimasto catalizzato il dibattito.
Gli alleati: avanti assieme, con qualche distinguo
Guido Dondeynaz, cordinatore di VdA Vive, ha sottoscritto integralmente la relazione verde, sottolineando però la necessità di «non sommare insieme povertà e disagi, perché occorre avere in testa un modo nuovo di pensare e di essere, un’idea di quale Valle d’Aosta vogliamo». Per fare ciò è importante unire le forze: «ci vuole entusiasmo, speranza e sperimentazione» e anche «saper utilizzare i media, per sfruttare il nostro potenziale». Da qui, l’idea di «un giornale unitario del Galletto, anche online, dove gli intellettuali possano liberamente scrivere».
Franco Vallet, coordinatore di Renouveau Valdôtain, risponde indirettamente a Fedi, il quale parlando del consiglio regionale ha detto «la mancanza dei Verdi si sente, eccome!». «VdA Vive – Renouveau fanno opposizione come sanno – esordisce Vallet – Siamo tutte persone che vengono più da una cultura di governo e purtroppo siamo rimasti soli, dato che il PD e il PdL non fanno opposizione, attirati come sono dalla maggioranza». L’ex assessore regionale prosegue, citando Carlo Curtaz: «Forse è vero che siamo un po’ scarsi, ma bisogna svegliarsi, darsi una mossa e anche movimenti, associazioni e comitati ci devono aiutare. Ci vuole roba nuova, contenuti nuovi, bisogna andare al di là della somma dei singoli partiti per contrastare quella rete del potere le cui maglie, dal 2006 ad oggi, si sono ancora più strette, in quanto chi governa è da sempre stato solo bravo in questo». L’ex assessore vede in Carlo Perrin e Roberto Nicco due figure dalle quali non si può prescindere per la formazione del Galletto.
Entrambi presenti tra il pubblico sono intervenuti in seguito. L’ex senatore, parlando di «un’idea del federalismo come solidarietà e sussidiarietà», il secondo, deputato in carica, ha tenuto un discorso più geograficamente ampio sulla necessità di coesione dell’opposizione anche dal punto di vista nazionale: «Nascono lotte tra partiti della stessa area solo per guadagnare uno due punti in più di percentuale».
Di respiro più nazionale anche le sortite di Francesco Lucat (PRC) e Marco Belardi (IdV). I due hanno parlato di «emergenza democratica» nel nostro Paese. Il primo si è concentrato molto sul lavoro, «lavoro buono, non come quello schifo di precariato» introducendo termini come “conflitto sociale“, necessario secondo lui in democrazia: «Ogni partito porta il suo contributo», ha concluso a pugno chiuso Lucat.
Belardi, dopo aver elencato alcuni errori dell’amministrazione regionale, ironizza sul tempo perduto dall’Alleanza Autonomista Progressista: «facciamolo pure questo matrimonio, a cinque a sei, quanti siamo. Ma dalle europee ad oggi, secondo i tempi biologici, poteva già nascere un bambino».
Il PD, grande assente, invocato ma non troppo
Sull’assenza del PD, per la quale il segretario Donzel ha voluto spiegare, nello stesso giorno, i motivi a VdaToday, si sono espressi più o meno tutti. «Il PD considera l’esperienza del 2006 – spiega Dondeynaz citando le elezioni politiche vinte in Valle dal Galletto, anche con i voti democratici – un errore a cui rimediare. Per questo, nonostante le porte restino aperte per loro, la distanza che ci divide è ancora tanta. Quello che il PD, e anche il PdL, non capiscono è che di fronte al potere regionale dell’UV non potranno mai esprimere la loro politica, ma solo chinare la testa».
Secondo Lucat, «il Partito Democratico sbaglia e dimostra una subalternità culturale tragica».
Come sarà il contenitore Galletto?
Il diavolo, si sa, alberga nel dettaglio, e ad oggi non si può ancora dire come sarà costituito il “Galletto 2.0“. Se non bastassero le diverse sfumature politiche delle forze interessate a rendere l’operazione delicata, si aggiungono i molti nodi tecnici da sciogliere: come radicarsi, come dividere le sezioni, possibilità o meno di doppia tessera, quanta autonomia dare ai singoli movimenti che confluiranno, chi effettivamente coinfluirà e chi resterà semplicemente a fianco, come scegliere il coordinamento, fare o meno le primarie, quando farle. Cose del genere. Cose non da poco. Anche se non tutto serve subito o necessariamente prima delle comunali.