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Rifondazione, Sinistra Valdostana, post-comunismo e pre-comunali

di in comunali 2010, politica il 1 dicembre 2009 alle 20:53
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Sinistra Valdostana«Rifondazione e Italia dei Valori stanno elaborando assieme un programma per le comunali». Dopo quaranta minuti con Matteo Castello e Alessandro Pascale, esponenti di Sinistra Valdostana, arriva lo scoop. E’ opportuna una rapida spiegazione. L’errore è mio: quella che doveva essere una discussione con due esponenti di un “movimento culturale atto a rinforzare i legami tra i vari movimenti, volti e persone, soprattutto giovani, della sinistra” è finita per diventare un’intervista a due militanti valdostani di Rifondazione Comunista.

Non sono riuscito a resistere: da una parte le comunali sono alle porte, dall’altra i due sono ben inseriti nell’attività del loro partito; motivo per cui l’argomento “Sinistra Valdostana”, che sarebbe un movimento apartitico, è passato in secondo, terzo piano, affiorando solo di tanto in tanto. Non si è parlato solo di Rifondazione, ma di comunismo in generale o, come preferisce Alessandro Pascale “post-comunismo”, con uno sguardo al globale ed un ritorno al locale, come il bon ton della sinistra new wave impone.

Semiotica e filologia post-comunista
Per un partito, la dimensione onirica, simbolica è importante, motivo per cui cercavo delucidazioni sull’attualità della falce e del martello e della denominazione stessa di “comunista”. Sull’onda di un mio ragionamento che immaginava un microfono di un call center e un portatile come simboli più attuali di oppressione, Pascale ammette che spesso «la falce e il martello sono più d’impaccio che altro», nonostante questo però «manteniamo un rapporto di affetto per quel simbolo che per noi dice molto sulla nostra storia».

Per quel che riguarda la parola “comunista”, se da una parte arriva subito l’ammissione che «per quanto certe analisi marxiste di critica al capitalismo siano ancora valide, bisogna fare i conti col fatto che non c’è un’idea chiara di società economica comunista che non sia quella dell’Unione Sovietica, che però noi consideriamo non comunista». Dall’altra però si critica Occhetto e la svolta della Bolognina che portò allo scioglimento del PCI: «Il PCI era qualcosa di distante dal PCUS, soprattutto a partire dagli anni ’80 quando Berlinguer fece il discorso sull’esaurimento della propulsione della Rivoluzione d’Ottobre. Allora nel momento in cui, con la caduta dell’Unione Sovietica, si è deciso di cambiare identità, si è dato l’impressione che il PCI non fosse diverso dal corrispondente sovietico». Da questo identificarsi con il sistema di oltre cortina in crisi (considerata una distorsione), nascerebbe quindi un fraintendimento di quello che è, era, o dovrebbe essere, il comunismo italiano.

Alessandro Pascale e Matteo CastelloL’opportunità europea
Archiviate velocemente le rivoluzioni del proletariato, sostituite da un rivoluzionario “riformismo anticapitalista” e dall’esportabilità del sindacato nei luoghi della produzione industriale mondiale, dove i diritti dei lavoratori sono innegabilmente pochi, da considerare «inattuabile come l’esportazione della democrazia, sebbene sia giusto sostenere e far conoscere le lotte che da quel mondo partono», affiora una novità per un movimento che a torto o a ragione è stato spesso considerato euroscettico: l’importanza dell’Unione Europea.

Matteo Castello parte da Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia che ha lavorato per molti istituti finanziari mondiali, il quale in molte sue opere parla degli errori del Fondo Monetario Internazionale nel gestire le crisi economiche e gli aiuti ai Paesi più arretrati. Da qui si arriva al senso che dovrebbe avere l’Unione Europea: quello di saper meglio gestire e meglio regolare la globalizzazione, secondo i principi di uguaglianza dei diritti e sostenibilità economica e ambientale.

La Rivoluzione in Valle d’Aosta
Come arrivare al “signor Rodzo” – l’equivalente di chez-nous del signor Rossi?
Come, in soldoni, generare consenso alle tematiche che il PRC propone nell’elettorato valdostano? La domanda è la più difficile e la risposta è gramsciana e si lega un po’ al significato di quel “movimento culturale” che Sinistra Valdostana si prefigge di essere: «Bisogna spostare l’assetto culturale dell’elettorato a sinistra».

Hai detto niente.

Realpolitik
Dopo quasi un’ora di conversazione, sicuramente suggestiva, con due persone anche piuttosto preparate, la realtà impone di tornare nella fanga quotidiana della politica reale. Che speranze ha, elettoralmente parlando, Rifondazione? I sondaggi la danno al 2,6 per cento, con Sinistra e Libertà, l’altra costola di post-comunismo residua nel Paese, al 2,4 per cento: è importante perchè, in Valle d’Aosta, Sinistra e Libertà non esiste. E si può supporre che quei voti siano “buoni” per Rifondazione – Comunisti Italiani. Rimane però il fattore autonomista, ovvero il fatto che ci siano cinque partiti in più a dividersi il consenso, e tutti molto più forti e combattivi. Comunque sia, la lotta del PRC per le comunali sarà quella di superare la soglia, per evitare di sparire anche dal consiglio comunale di Aosta.

Per quel che riguarda le alleanze le prospettive sembrano confuse: «Cerchiamo di formare il fronte più ampio possibile per battere l’Union, da noi e l’IdV fino al PD e a Renouveau». Restano però molte obiezioni sul progetto. Quale sarà l’appeal dell’unico alleato finora certo, l’Italia dei Valori? Se non si considerano le scorse europee, dove l’elettorato generalmente si muove con logiche molto diverse dalle amministrative, i risultati in termini di consenso da parte dei vari esponenti dipietristi nostrani sono stati pressochè nulli fino ad ora.

Quanto un PD ipoteticamente “sconfitto” dal PdL nella contesa per l’alleanza con l’UV sarebbe credibile all’interno di un tale schieramento? Quanto Renouveau Valdôtain desidera ancora l’alleanza con le sinistre?

Pascale e Castello chiudono: «Il nostro progetto è aperto a tutti, e ognuno si assumerà le proprie responsabilità se ne resterà fuori». Un concetto un po’ semplicistico, forse evasivo per mancanza di tempo o perché per rispondere a domande riguardanti le alleanze serve un “quadro” più navigato. Fatto sta che le domande rimangono e investono, cambiando i punti di vista, un po’ tutta l’opposizione di centro-sinistra.

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