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Leggero make-up “di buon senso” per la legge elettorale delle amministrative

di in comunali 2010, politica il 20 novembre 2009 alle 13:27
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elezioni_2«Modifiche di buon senso»: così le ha definite il presidente della Regione, Augusto Rollandin. La legge elettorale per le elezioni comunali, che esordirà nel prossimo appuntamento con le urne il 23 maggio 2010, è stata modificata mercoledì 18 novembre dal consiglio regionale, dopo anni di dibattito e di proposte differenti. La legge regionale del 1995, quella attualmente in vigore, viene soltanto modificata in alcuni dei suoi punti, senza tener conto né di ciò auspicato dal Celva, il consorzio degli enti locali – che però ha approvato le modifiche votate dal consiglio – né delle proposte delle minoranze.

Tre preferenze: pas de sens, pas de vote
A due anni esatti dal referendum propositivo – naufragato il 18 novembre 2007 per non aver raggiunto il quorum del 50 per cento per la sua validità – il cui comitato promotore era formato dall’attuale opposizione di centro-sinistra, che prevedeva in uno dei quattro quesiti l’abolizione delle tre preferenze nelle elezioni regionali, per evitare il possibile controllo del voto nei piccoli comuni, la maggioranza regionale ha introdotto le famigerate tre preferenze anche nel voto comunale. Repetita juvant.
Levata di scudi? Barricate in aula? No, figurarsi… Il gruppo consiliare di Vallée d’Aoste Vive / Renouveau Valdôtain ha votato contro al provvedimento. Il PD, invece si è astenuto. Così come il PdL.

Proposte complesse? No grazie
Le proposte di modifica alla legge elettorale venivano da più parti. Il Celva si era espresso, con un documento votato da tutti i sindaci, per mettere mano a fondo alla normativa. Il PdL aveva una sua proposta di riforma, caldeggiata da Alberto Zucchi, presidente della prima commissione consiliare che si occupa proprio di “Istituzioni e Autonomia”, tra i cui obiettivi di legislatura c’era questa riforma. Anche VdA Vive / Renouveau ne aveva presentata una, bocciata in commissione e poi in consiglio. Proposte tutte rimesse nel cassetto, per approvare solo piccoli ritocchi: tre preferenze anziché due, simboli più grandi sulla scheda elettorale, possibilità di votare i candidati scrivendo sulla scheda il numero e non soltanto il cognome, possibilità di votare a casa per i non-deambulanti.

Piccole modifiche che non affrontano i temi principali, comuni a tutte o quasi le altre proposte di legge:
1. il limite dei mandati dei sindaci (oggi tre: qualcuno vorrebbe abolirli, altri ridurre il limite a due; la nuova legge non si esprime in materia);
2. la tutela delle minoranze (nei piccoli comuni, nel caso ci siano due liste, la lista che ottiene anche un solo voto in meno dell’altra si ferma a quattro consiglieri: il 50 per cento più uno dei voti attribuisce una maggioranza bulgara, grazie ad un corposo premio, alla lista vincitrice; viene garantita la governabilità, molto meno la rappresentatività);
3. la partecipazione al voto di più liste (in molti comuni si presenta una sola lista, per la difficoltà di organizzare un’opposizione e per le limitazioni alla presentazione di liste, come la raccolta firme e il numero minimo di candidati).

L’ordine del giorno delle polemiche
Questo vuoto legislativo è parzialmente colmato dall’approvazione, a maggioranza, di un ordine del giorno, che auspica che “i sindaci, che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità” valutino “attentamente l’opportunità della loro candidatura alla carica di vice-sindaco“. Un richiamo all’etica, votato da UV, Stella Alpina, Fédération Autonomiste e PdL, per evitare che l’elezioni a vice-sindaco si trasformi nell’elezione indiretta a sindaco: in caso di rinuncia o vacatio dell’eletto, il vice prenderebbe il suo posto, eludendo la legge.
Per il “buon senso”, in questo caso, non occorre nemmeno una legge.

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